Anche le materie plastiche soffrono quando il termometro sale: per il nostro benessere e la nostra sicurezza, in numerose applicazioni, è fondamentale che sia utilizzata plastica resistente al calore. Infatti, i polimeri che costituiscono diversi tipi di plastica alterano le loro proprietà meccaniche al variare della temperatura.

In settori come automotive, elettronica, aeronautica, ogni componente deve mantenere forma e integrità anche a temperature elevate.

In questo articolo, spieghiamo l’importanza della resistenza al calore dei materiali plastici.
In più, raccontiamo a quale temperatura la plastica inizia a deformarsi, i tipi resistenti al calore e che cosa può rilasciare la plastica quando viene riscaldata o “cuoce” sotto il sole. Anche i divisori mobili degli spazi di produzione in PVC con resistenza al calore buona sono un importante strumento per assicurare durevolezza e ambienti salubri.


VAI AL NEGOZIO ONLINE


Perché è importante che la plastica resista al calore

La resistenza al calore di PVC e altre plastiche è una caratteristica cruciale che fa la differenza in diverse situazioni.

Significativi sono, per esempio, i casi dei veicoli in una calda giornata estiva e dei dispositivi elettronici che funzionano a pieno regime: materie plastiche e PVC con resistenza al calore comprovata evitano malfunzionamenti e danni strutturali. Inoltre, nei settori alimentare e medico, la plastica resistente al calore è necessaria per garantire sicurezza e igiene.

Che cosa succede alla plastica quando cuoce sotto il sole

La plastica esposta a temperature elevate può subire una serie di trasformazioni: questo accade, per esempio, quando cuoce sotto il sole. Inizialmente, la plastica diventa più flessibile a causa del calore. Se la temperatura continua a salire, il materiale può iniziare a degradarsi, con il rischio di screpolature, deformazioni e cambiamenti nella struttura chimica.

Questi cambiamenti possono influire negativamente sulla resistenza e sulla durevolezza delle materie plastiche. Per evitare danni, quindi, è importante utilizzare plastica resistente al calore oppure proteggere gli oggetti dall’esposizione prolungata al sole e alle alte temperature.

A quale temperatura si deforma la plastica

La temperatura a cui una plastica inizia a deformarsi varia a seconda dei polimeri che la costituiscono. In generale, la plastica comincia a mostrare segni di deformazione a partire da temperature di 50 gradi Celsius, corrispondenti a 122 gradi Fahrenheit. Tuttavia, questa soglia può variare considerevolmente in base alla composizione chimica.

Per esempio, l’intervallo tra – 10° C e 60° C è la temperatura di esercizio del PVC, chiamato anche “cloruro di polivinile” o “polivinilcloruro”. Il polietilene, invece, mantiene le sue proprietà meccaniche inalterate fino a 130° C, cioè 266° F.

Tipi di plastica resistente al calore

Esistono diversi tipi di plastica resistenti al calore, ognuno con le proprie caratteristiche e applicazioni.

Il PVC è uno dei materiali più conosciuti per la sua resistenza al calore ed è utilizzato per realizzare tubi per l’acqua calda, rivestimenti di cavi e materiali da costruzione.
Altri materiali plastici resistenti al calore sono:

– il polieterechetone (PEEK), noto per la stabilità termica eccezionale;
– il politetrafluoroetilene (PTFE), caratterizzato da ottima resistenza chimica e termica, conosciuto soprattutto con il nome commerciale “Teflon”.

Leggi anche l’articolo sulle materie plastiche per alte temperature.

Che cosa rilascia la plastica riscaldata

Quando la plastica è sottoposta a riscaldamento, può rilasciare sostanze chimiche dannose nell’aria. D’altra parte, oggi i rischi sono notevolmente ridotti da controlli e normative in vigore. Per esempio, la UE nel 2015 ha vietato tutti gli additivi del PVC potenzialmente nocivi per la salute.

È vero che la plastica utilizzata per bottiglie e altri contenitori alimentari, il noto PET, cioè il polietilene tereftalato, può rilasciare antimonio se sottoposta a lungo ad alte temperature.

Ma le quantità rilasciate nell’ambiente sono decisamente al di sotto della soglia d’allerta: si è evidenziato che in dieci giorni di esposizione al sole a una temperatura di 40° C, i contenitori in PET rilasciano una percentuale di antimonio corrispondente a meno di 15 ppb, cioè inferiore a 15 parti per miliardo.

Che cos’è l’antimonio

L’antimonio è classificato come un “metalloide”, cioè come un materiale con proprietà chimico fisiche che intersecano quelle dei metalli e dei non metalli. Fa parte del sistema periodico, quarto elemento chimico del gruppo 15, e il suo numero atomico è 51, ovvero il nucleo di un atomo di antimonio contiene cinquantun protoni.
L’antimonio è utilizzato come agente antifiamma e si ritrova in numerose applicazioni, come la produzione di smalti, vernici, gomme, ceramiche e leghe metalliche.


VISITA IL NEGOZIO ONLINE